lunedì 23 gennaio 2012

Polesine, ricordi dell'alluvione del 1951

Il 14 novembre del 1951 il fiume Po ruppe gli argini ad Occhiobello e a Canaro. Per sapere cosa è accaduto, noi alunni di classe quarta, abbiamo intervistato i nostri nonni e bisnonni e presentiamo a voi alcuni flash di questi ricordi.

FABIO: vivevo con la mia famiglia a Crociara, frazione di Canaro, avevo 16 anni e abitavamo in una casa molto bassa, per salvarci ci siamo rifugiati al piano superiore di una casa vicina. Lì abbiamo atteso per molte ore i vigili del fuoco che sono arrivati con i mezzi anfibi e ci hanno portato a Ferrara.               Nevia  Tosini

SABRINA: l’acqua arrivava fino al primo soffitto e faceva molto rumore, il fango entrava dappertutto, nella casa. Le giornate erano fredde e nebbiose. Gli animali che servivano a sfamare le famiglie sono morti tutti.                                                                                                                             Casoni Luciano

VANESSA: avevo 9 anni e abitavo a Valiera, località di Canaro, eravamo in 15 in famiglia. Quel giorno decidemmo di raccogliere le nostre poche cose e di raggiungere l’argine del Po per metterci in salvo. La nonna era vecchia e non riusciva a camminare, voleva rimanere lungo la strada, allora mia mamma, che spingeva una carriola con sopra il figlio più piccolo, le impose di sedersi dentro e prendere in braccio il bambino. La spinse così fino sull’argine, per 6/7 Km. Avevamo tanta paura, il fiume era spaventoso, c’era freddo e tanta nebbia. Gli uomini hanno costruito una capanna per avere un riparo durante la notte. Ad un tratto abbiamo sentito un gran boato e abbiamo capito che l’argine non aveva più retto e l’acqua stava inondando le terre. Siamo usciti dalla capanna in tempo per vedere una grande onda passarci vicino. Onda che mi è rimasta nella mente per tutta la vita. Siamo in seguito fuggiti a Soave (VR). Poi  abbiamo saputo che a Frassinelle, sul camion della morte c’era anche una cugina, annegata con due figli, mentre uno si è salvato. 
                                                                                                                                  Ornella Padovani

ANNA B.: avevo 30 anni e ricordo il tempo trascorso a chiacchierare con gli amici del pericolo dell’acqua, tutti ne parlavano, poi abbiamo dovuto fuggire, la mia famiglia è andata a Milano, io invece mi sono rifugiato sopra alla banca che allora era in piazza xx settembre.                                                      Bruno Belloni

SOFIA: avevo 13 anni e ricordo tanta paura. Anche noi ci siamo salvati sull’argine del Po che era sì il punto più alto ma anche il più pericoloso. Una mia vicina di casa non è riuscita a scappare ed è morta annegata.                                                                                                                        Fabbri Maria

DIEGO: abitavo a Vallone di Canaro e avevo 10 anni. Ricordo che l’acqua è salita fino a 3 mt. Ed ho aspettato che venissero a prenderci per portarci in salvo, sull’argine del Po, dove sono rimasto per oltre un mese. Quando l’acqua si è ritirata ricordo che sulle terre, nei campi, vi erano tanti animali morti.      
                                                                                                                                    Caniati Franco

SARA: avevo 15 anni e abitavo a Crespino. Ricordo l’acqua che riempiva i fossi delle campagne, le guardie del Po che ci avvisavano che l’argine aveva rotto ad Occhiobello e che la fossa di Polesella si stava riempiendo. Mio nonno cercò di portare in salvo il bestiame, le galline, i conigli, noi cercammo di salvare i pochi mobili che avevamo. Poi con delle grosse barche abbiamo raggiunto l’argine e da lì un camion ci ha portato a Porretta Terme.                                                                                           Zanforlin Maria

ANNA R: ricordo tutte le persone che erano impegnate a cercare di contenere l’acqua con i sacchi di sabbia ricordo  persone e animali  rifugiati sull’argine per scappare all’acqua. Abitavo nella golena del Po e l’acqua era dappertutto, noi siamo scappati.
                                                                                                                                Zamboni Costantina

MATTIA: io abitavo a Rovigo e avevo 18 anni, quando ho sentito del pericolo dell’alluvione, sono partito dalla città e ho raggiunto Polesella per aiutare la popolazione a contenere l’acqua del fiume con i sacchetti di sabbia. Prima che l’acqua arrivasse in città sono riuscito a fuggire con l’aiuto di un signore, proprietario di un’auto.                                                                                     Bolognesi Guglielmo

EMMA: nel 1951 avevo 30 anni. ci siamo salvati perché siamo saliti sull’argine del Po con tutto il bestiame e abbiamo vissuto per 45 giorni in una capanna costruita su un rimorchio. Mio marito è rimasto sul tetto del fienile a fare la guardia all’abitazione. Un nostro parente è morto sul camion di Frassinelle.  Tridello Eufemia

NICCOLO’ MORO: in quel periodo avevo 19 anni e stavo tornando dal servizio militare ma la rotta dell’argine mi impedì di raggiungere i miei familiari,  fui costretto ad usare la tenda da campo in dotazione ai militari per avere un riparo e aspettare che la situazione migliorasse un po’. Giunto a casa trovai in piedi solo i muri della casa, tutto era andato perso. Persi anche sette parenti.                            Ernestino Campioni

NICCOLO’ CAMMAROTA: era stato dato l’allarme che l’acqua stava rompendo l’argine, alcuni familiari sono partiti in bicicletta per andare a vedere il fiume, la gran quantità d’acqua li spaventò e decisero di rientrare a casa, alla “Ziliuleta”, c’era buio pesto e la strada era piena di carri e bestiame. Un cugino consigliò di tornare sull’argine perché a casa era più pericoloso, così tornarono indietro e trascorsero la notte sopra un camion. Avevo appena 16 anni.                                                GHINELLO EDDA

ALBERTO: anni 5, sono stata trasferita con la famiglia in un centro di accoglienza , poi trasferita in un bell’ albergo di Abano Terme. Ricordo fango, tanto fango, lasciato dalle acque quando si sono ritirate. Tutti gli uomini di casa sono rimasti a salvaguardare la casa e gli animali, per paura dei ladri.           Naira Cestari

ELIA: vivevo a Pontelagoscuro e avevo 18 anni, anch’io sono andato ad aiutare i soldati a rinforzare le sponde del fiume con i sacchi di sabbia, ma l’acqua ha tracimato lo stesso. Alcuni parenti, di Vallone, hanno perso tutto e poi si sono trasferiti nel ferrarese per iniziare una nuova vita.
                                                                                                                                     Renato Vitali

RACHELE   : anni 14, vivevo a Cà Emo e ricordo quando i carabinieri sono venuti ad avvisarci di lasciare la casa perché l’acqua stava arrivando. Raccolte le poche cose che avevamo siamo partiti per Mestre.                                                                                                                                                Lazzarini Lucia

 Agata e Giacomo daranno ora voce ai ricordi di due fratelli, che si sono ritrovati a raccontare ai nipoti gli stessi episodi.

GIACOMO: Vivevo a Canaro e avevo 16 anni. Avevo tanta paura, il fiume era talmente pieno che non si riusciva a vedere la sponda ferrarese. I sacchi di sabbia servivano a poco, tutta la gente del paese, con bestiame, macchinari e trattori raggiungeva l’argine per mettersi al sicuro. Il mattino l’argine cedette e l’acqua iniziò ad allagare le campagne,  presi una barca per raggiungere il paese dove erano rimaste pochissime persone e raggiunsi mio fratello Lauro.
AGATA: Ero rimasto a casa mia perché ero il titolare del negozio di generi alimentari del paese e ho cercato di salvare tutto quello che potevo trasferendo gli alimenti al piano superiore. Ho visto l’acqua salire fino a 2 mt, e un maiale portato via dall’acqua che tentava di salvarsi nuotando.
GIACOMO: io ero il titolare del negozio di ferramenta e tutto il materiale che era in negozio è andato perso.
AGATA: Il giorno dopo ricordo i pompieri che hanno prestato soccorso per tutta la giornata con canotti e gommoni, con loro c’era anche il parroco DON PIATTO.
Le persone venivano a fare la spesa in barca con i buoni di sussistenza mandati dal governo.
C’era tanta disperazione e fame.
GIACOMO: ero andato a cercare i nostri genitori e mia sorella, faceva tanto freddo, la nebbia era fitta che sembrava un muro, al ritorno sono andato da mio fratello perchè avevo tanta fame.
AGATA: stavo cocendo delle patate americane e lui, appena le vide, mise una mano dentro la pentola per prenderne una e mangiarla, non sentì nemmeno che l’acqua era bollente, tanta era la fame che aveva.
……..dopo l’alluvione mi sono trovato da solo a gestire il negozio, a ripulire, a risistemare, ero tanto stanco.
GIACOMO: tutti si sono arrangiati nella ricostruzione, non c’era protezione civile o esercito ad aiutarci. Lo stato dava 360 lire al giorno per persona e a chi ha avuto gravi danni dava 180 mila lire una tantum o 3 milioni a tasso dell’1% per tre anni.
AGATA: ero stanco……….. e mio padre mi mandò da dei parenti, a Masi San Giacomo,  a riposare e lì ho conosciuto mia moglie…ed è iniziata una nuova vita.
                                                                                                               Bonvento Lauriano   e   Lauro





                                       
                       

3 commenti:

  1. A me la presentazione è piaciuta molto (il ricordo) dell' alluvione del 51 perchè ricorda un disastro

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